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    Antun Motika, Pula - Pola

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Antun Motika è stato un artista aperto ai nuovi mezzi espressivi, svincolato da programmi o tendenze, libero da pregiudizi e aspettative: un creativo che si era permesso di vagare fuori dai confini di uno “stile personale”, in continua sperimentazione e ricerca, dall' instancabile dialettica con cui elaborava le problematiche artistiche nelle quali si imbatteva al susseguirsi di ciascun ciclo creativo. Tuttavia, al di là di tutte le fasi, metamorfosi e invenzioni formali, Antun Motika rimane una personalità dall'assoluta autonomia creativa, di analisi logico-storica dell'espressione modernista e dalla concezione unitaria dell'area di intervento pittorico. Il cuore dell'opera di Motika non si nasconde dietro strati di senso da decifrare: al contrario, tutto è visibile da subito, interamente assoggettato all'immediatezza dell'atto pittorico. Nonostante l'estrema diversificazione dei suoi lavori, Motika non ha mai perso di vista l'etica dell'artista: la sua produzione quasi centenaria è inscritta negli annali dell'arte croata proprio in virtù di una qualità imprescindibile che è il risultato di un'apertura a media e concetti eterogenei. Perciò non sorprende che la stessa contestualizzazione del pittore all'interno della storia dell'arte sia duplice. Da un lato, egli è tra i pionieri della pittura croata della prima metà del XX secolo ad aver introdotto l'espressione modernista sviluppandola per fasi, dal realismo (e romanticismo), passando per l'impressionismo e il post-impressionismo, fino ad arrivare all'arte astratta; dall' altro, queste consegne stilistiche appaiono del tutto legittime, poiché sin dagli inizi la pittura di Motika collega impressione ad espressione, in un sistema bifronte scevro da pregiudizi e disponibile a formulazioni più radicali.  La direttrice essenziale della sua pratica artistica è stata infatti un continuo spingersi agli estremi della figurazione per poi gettare da lì, pur nella propria fedeltà a un realismo di rappresentazione delle forme, uno sguardo all'abisso astrattista, alla sua unicità suggerita dall'illusione pittorica. L'esigenza che Motika sentiva di fermare un'immagine di paesaggio, oggetti o persone non si realizzava infatti per aggiunta di dettagli ma, al contrario, esplicitando avanzate nozioni cognitive, insiemi, olismi mediante un tratto conscio delle proprie prerogative  gestuali e dell'esigenza di armonizzarle dentro la struttura formale dell'opera. E altresì molto probabile che Motika sia stato in effetti il pittore “più astrattista“ tra quelli della sua generazione, dalle basi teoriche più ferrate e dalla pratica più istintiva, e questa potrebbe essere la ragione per cui è sempre rimasto fuori dalle traiettorie più frequentate da storici, critici e appassionati d'arte in contesto croato. La critica e la storia dell'arte croate valutavano infatti il suo lavoro perlopiù come un tentativo da parte di un artista prevalentemente istintivo e temperamentale di risolvere le varie sfide formali e concettuali che man mano gli si presentavano ricorrendo alle esperienze della “scuola parigina”. Peculiarità facilmente ascrivibili alla personalità dell'artista, come il variare gli elementi formali verso un'apertura della tavolozza cromatica alla luminosità di colori primari e candide trasparenze, o la liberazione della linea dalla propria funzione sagomante e descrittiva e il suo farsi vivido arabesco cromatico, non sono bastate a convincere i critici d'arte dello scarto radicale che intercorreva tra l'opera dell'artista e il resto della scena del periodo. La critica ha ritrovato le sue ispirazioni nelle complessità pittoriche parigine, nelle evoluzioni stilistiche della tradizione francese, suffragata in ciò dall'affondare effettivo dell'espressione del pittore polese nella scuola di Bonnard, Dufy e Matisse; tuttavia questi sono giudizi di forma, mancanti di sottigliezza e contestualizzazione all'interno della scena pittorica croata. Solo oggi, in virtù del distanziamento temporale, appare chiaro che l'opus motikiano - di afflato fondamentalmente modernista - comprende tracce di istanze tipologiche e ideologiche altre da quelle al tempo predominanti. La sua concezione dell'atto artistico in quanto processo, esperimento e ridiscussione della sua stessa natura, in opposizione all'aprioristico intendere l'opera artistica come mero oggetto estetico, pone Motika tra quella cerchia di artisti che possiamo definire a tutti gli effetti d'avanguardia, nel senso assunto da questo termine nel periodo tra le due guerre l'arte di Antun Motika è stata contestualizzata correttamente solo dopo la seconda guerra mondiale e lo scemare del successivo realismo socialista jugoslavo come fenomeno a sé stante tra le neoavanguardie croate. É però meno noto che anche tra le due guerre Motika era riuscito a realizzare il proprio potenziale avanguardista utilizzando stilemi più classicamente pittorici, in opere di cui, per quanto esposte al pubblico e note alla critica, non è stato rilevato il duplice aspetto di scarto e trasgressione rispetto alle correnti artistiche in voga e di continuità espressiva rispetto alla vita dell'artista: in queste opere Motika ricerca infatti consapevolmente nuovi approcci al campo pittorico trovando risposta in mezzi meno “nobili” quali gouache, pastelli, tempere, acquerelli, collage e disegni - mezzi che egli “sdogana” presentando queste opere come filone assolutamente attuale e rappresentativo della propria produzione del tempo. In particolare i disegni verranno riconosciuti a più riprese come “specchi del proprio destino”. La seconda metà del XX secolo vede un diversificarsi della sua produzione. Le sculture in vetro, nonostante il mezzo inedito, non sono che la prova del proseguimento del tema della luce, come lo saranno di lì a poco le proiezioni luminocinetiche (riprese su pellicola), i fotomontaggi (restaurati di recente) e altri mezzi e processi di concezione surrealista. Se ne evince che la figura di Motika è importante per il processo di ridefinizione dello stato delle varie discipline artistiche tanto quanto lo è per la originalità del proprio percorso. La legge dei grandi numeri vigente nell'arte ufficiale raramente ha mostrato comprensione per idee divergenti ed individualiste; così lo status di Motika dentro la stessa era riconosciuto nella misura in cui la suo opera non si discostava dalla linea prevalente nell'attività artistica del tempo. Tuttavia la scelta del mezzo artistico era per Motika irrilevante, poiché la sua priorità consisteva nell'esporre con tratto netto, virtuoso e limpido la propria convinzione che il ruolo e il senso dell'arte non risiedano in una spasmodica ricerca del nuovo né in una pedissequa imitazione del passato, ma nella tensione dell'artista a operare metamorfosi visibili nel proprio avvicinamento a un ideale di arte nobile, non costretta in senso temporale. Come tanti grandi artisti, Antun Motika non nascondeva le proprie influenze, il che non lo rendeva certo un epigono, ma esprimeva anzi un riallacciarsi consapevole al patrimonio artistico europeo: Motika è stato fino all'ultimo un “signore della pittura“, sempre informato su quanto gli avveniva intorno. Sebbene la sua opera sia caratterizzata da un livello qualitativo di costante eccellenza e da un'impermeabilità a corsi e ricorsi storici e a improvvisi voltafaccia stilistici, l'artista polese era immerso nel proprio tempo con sincero trasporto e vivacuriosità, mai scindendo arte e vita. E in questo modo che ha saputo sviluppare una singolare voce artistica, contribuendo ad arricchire il potenziale espressivo del modernismo pittorico croato ed europeo.                                                    

In occasione della presentazione della Donazione Antun Motika, a lungo attesa e destinata alla città natia dall'artista stesso ancora in vita, vorrei menzionare alcune opere in essa comprese che ritengo indicative dello sviluppo tematico e della traiettoria stilistica perseguiti. Nonostante i pochi lavori esposti circostanza dovuta anche al non vastissimo spazio espositivo a disposizione, esse bastano a testimoniare che la concezione artistica di Motika non conosceva compartimenti stagni, procedendo invece per mutamenti, trasformazioni e oscillazioni che fanno dell'artista istriano un acuto osservatore dei processi artistici di ambienti e circostanze che lo hanno visto vivere e operare. Questa è anche la ragione per cui in Motika non è facile rilevare cesure nette tra periodi creativi e nuclei tematici diversi: così, ad esempio, è perfettamente plausibile che lo stesso motivo o stilema compaia in un'opera del 1935 come in una del 1960. Parimenti, se si prendono in esame le due opere intitolate rispettivamente “Scrivania“ e “Studentessa“, in mancanza di data in calce quest'ultima sarebbe facilmente collocabile negli anni trenta del secolo scorso, anziché nel periodo che ha visto nascere la pittura informale ed le nuove tendenze di rottura. Le “Piante in vaso" del 1932 ritorneranno in seguito sotto forma di collage geometrico; mentre l” “Interno“ del 1955 a livello compositivo è praticamente la copia carbone delle “Piante in vaso“, ma invece di impiegare principi di proiezione geometrica come nell' “Arlecchino“ del 1952 e nell' “Arlecchino nero“ del biennio 1956/57, la composizione è qui ristrutturata in una polifonia di curve cromatiche, le stesse curve che ritroviamo nei gouache “Cesto di frutta“ del 1933 e “In cucina“ del 1936. Nonostante questa breve campionatura di solo alcuni esempidi questo tipo, ciò che si riscontra da subito è che l'evoluzione stilistica motikiana non è assoggettata a rigide formalizzazioni, ma fluttua in uno stato di costante transizione in cui risulta difficile, per non dire impossibile, a fronte della produzione ingente e della carente datazione di molte delle opere, definire l'esatta comparsa del “nuovo”,  suo sviluppo e trasformazione, lo scadere in maniera e la sua conclusione. In mancanza di una presentazione più ampia della Donazione Antun Motika, mancanza che, siamo convinti, verrà colmata più avanti grazie alla possibilità di allestire mostre organizzate per nuclei tematici, abbiamo voluto concepire questa prima esposizione guidati, perché no, da motivi anche sentimentali, tracciando così un percorso che ci riporta agli inizi della carriera dell'artista polese. Si può dire infatti che queste opere siano ritornate alla città dove Antun Motika è nato e cresciuto: ecco quindi  l`opportunità di presentare anche i suoi primissimi lavori - ritratti, vedute, quaderni e libri decorati, caricature - in quello che vuole essere un omaggio all'Istria vissuta da Motika in prima persona nei luoghi di Pola, Gimino, Orbanići e Pisino. Le storie illustrate del “caos di guerra e pace istriana“ non avranno necessariamente un sommo valore artistico: tuttavia questo materiale offre delle tracce per rilevare non solo il talento grafico e pittorico dell'artista, ma anche la sua comprensione del procedere della storia e del proprio posto in essa. Queste prime opere di Antun Motika, nate durante gli anni di scuola a Pola e Pisino, testimoniano preveggenti il percorso di vita dell'artista a venire, avvisaglie di un procedere “logico“ di tutta la sua opera, la quale occupa un posto unico e peculiare nell'arte croata del XX secolo.

Jerica Ziherl

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